STORIA FINITA O INFINITA?

Una lunga storia, quella dell’amianto. Una storia nella quale le libere Associazioni hanno un ruolo che senz’altro ha assunto grande rilevanza nel fare scoprire un fenomeno fino a pochi anni fa (mi)sconosciuto, ma oggi? Oggi il “fenomeno” si è evoluto e poche sono ancora le Associazioni che l’hanno capito.
Era stata un’intuizione (di chi scrive e di Ferruccio Diminich) il convegno organizzato dagli stessi nel 2007 che poneva una domanda: “… sussidiari o sostitutivi?” Naturalmente era una domanda pleonastica, ovvero si doveva cambiare: non più soltanto antagonisti ed in guerra con tutti, bensì sussidiari – seduti ai tavoli con pari dignità, per risolvere insieme i problemi – alle stesse Istituzioni. Inoltre, sebbene nel pieno rispetto delle giuste battaglie legali (in sede civile e penale), “dimenticare” che esiste il problema della Salute che non può e deve risolversi soltanto con una “monetizzazione” è una colpa grave.
Queste riflessioni, che devono poi tradursi in progettualità e concretizzarsi sul campo, a chi giovano?
A coloro i quali hanno saputo realizzare che senza diagnosi precoce e cure intorno al 2018/2020 “subiremo” il previsto “picco” di malattie e decessi.
Un autorevole relatore, intervenendo al recente World Conference ISPESL a Taormina affermò, illustrando dei grafici comparativi fra malattie e consumi d’amianto (tenendo conto della lunga latenza, circa quarant’anni), che “purtroppo dobbiamo pazientare ed attendere ancora una decina d’anni, prima di vedere scendere la curva delle malattie e dei decessi attualmente in forte aumento”. I due rappresentanti dell’EARA sono sobbalzati di fronte a tale “rassegnata” dichiarazione: ma come, “attendere passivamente”?No!
Si deve – perlomeno tentare, con determinazione – dare una risposta agli attuali e futuri ammalati, soprattutto per i micidiali mesoteliomi che non hanno cure efficaci. Possibile che si parli di milioni di euro per (giustificati, non fraintendiamo…) indennizzi e risarcimenti danni e nessuno parli di investimenti nella ricerca? Purtroppo sopravvive da troppi decenni la “sub-cultura della monetizzazione della salute”. Così associazioni che svolgevano un ottimo lavoro di sensibilizzazione ed assistenza amministrativa – anche aiutate da ottuse oltre che ingiuste scelte politiche e cieche resistenze di enti sordi a “tutte” le istanze – sono diventate meri uffici distaccati di studi legali, spesso ubriacate da cause temerarie. Sovente anche le asserite volontà di unità, vengono sminuite o vanificate da alcuni atteggiamenti disgregatori, tanto squalificanti per chi li mette in atto, quanto controproducenti per tutto il movimento del pur benemerito associazionismo. Affiorano qua e là anche – quantomeno discutibili – speculazioni su tragedie altrui. E la salute? La salute viene perseguita da pochi ed incontra non pochi ostacoli.
L’EARA è fra questi, avendo abbandonato la logica del “localismo” per abbracciare una macroarea socio-sanitaria ed ambientale transfrontaliera in un’ottica europeistica (EU – GECT). Come scrisse Goldoni: “senza bada ai fischi dei pedanti, frusta l’asino in corsa e tira avanti”.
Roberto Fonda